Visita Casa Circondariale “Rebibbia n.c.”

VISITA

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VISITA A REBIBBIA

“Un uomo è libero nel momento in cui desidera esserlo” è l’affermazione del filosofo francese  F.M. Voltaire, con cui si apre il periodico Dietro il cancello redatto dai detenuti della Casa Circondariale Rebibbia, e con cui si apre anche questo articolo elaborato per la nostra scuola, il Liceo Statale Pascal. Il 2023 è il secondo anno in cui alle classi quinte è stata data l’opportunità di visitare il carcere di Roma Rebibbia, a seguito del percorso civico Libertà e Carcere: nella seconda metà di Ottobre, il corpo di Polizia Penitenziaria ci ha aperto le porte ad una realtà che la maggior parte della popolazione non ristretta tiene -purtroppo - poco in considerazione. La rappresentazione mediatica della vita in prigione è inoltre veramente distorta: siamo portati a credere che i detenuti vivano nel caos, tra rivoluzioni interne fomentate da guardie facinorose, oppure che indossino un berretto a righe e una palla di piombo al piede! Il castello di carte dei pregiudizi cade nel momento in cui si varca il cancello; quando un uomo entra in carcere, il fine di ogni sua scelta è l’essere riabilitato al suo ruolo di cittadino, e ciò avviene privandolo della libertà individuale: ecco qual è il significato dell’aforisma di Voltaire, che i detenuti del reparto G8 - la sezione oggetto della visita - hanno riposto nella mente e nel cuore. Nel reparto G8 vivono coloro che si sono dimostrati più proni al reinserimento sociale, e che svolgono attività come il teatro, la pittura, lo studio universitario e un lavoro per enti esterni; mi preme specificare che la realtà complessiva della detenzione è ben diversa dal particolare positivo che ci è stato mostrato: camminando per i corridoi con le finestre sbarrate, entrando nelle piccole celle e osservando gli sguardi talvolta guardinghi di chi non vede altro esterno che il proprio cortile, un’iniziale sensazione  opprimente non ha tardato a farsi strada. Sono state le persone che abbiamo incontrato a far collimare i nostri due mondi, e un gruppo eterogeneo di detenuti ci ha raccontato non di come fossero entrati in carcere, ma di come il carcere fosse entrato in loro: un giovane asso del calcio, un bibliotecario appassionato di filosofia, una ragazza transgender pienamente realizzata in sé stessa e uomini che si sono scoperti talentuosi artisti solo una volta entrati in prigione erano appassionati nel narrarci l’affrancamento della loro anima, prima ancora di quello del loro corpo; chi era più vicino alla nostra età ha sottolineato: “Ogni giorno che passo in carcere è un giorno in meno della mia vita”, una frase deterrente che riconosce l’azione necessaria ed educativa della reclusione ma anche la conseguente alienazione dalla civiltà.  Si esce dal circondario terminata la visita, e la Roma libera ci accoglie così com’era stata lasciata; allora cos’è questa parvenza amarognola che si infila con noi in metropolitana, ci siede accanto a cena, e persiste fino al nostro risveglio? La consapevolezza che anche noi cittadini abbiamo un dovere civico da svolgere: è trovare la nuova persona volta all’onestà in chi ha compiuto il proprio percorso in carcere, di creare un presente rinnovato dagli errori passati che serva come motore del futuro, di veder le cose belle che porta ‘l cielo, e quindi uscire a riveder le stelle. 

I nostri ringraziamenti per questa giornata edificante vanno alla prof.ssa Zadra, latrice del progetto nella nostra scuola, all’egregia preside Stefania Pipino, al direttore della casa circondariale Rebibbia n.c., dott.ssa Rosella Santoro, ai detenuti interessati e alla Polizia Penitenziaria della casa circondariale.  

                                                                                                 Romina Romaldetti, III lcC

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